Quanto oro c'è ancora nelle sabbie del Ticino?

Domanda interessante e controversa, di certo c’è che l’impatto della ricerca si è fatto sentire e i quantitativi auriferi che si ritrovano dal lavaggio delle sabbie alluvionali sembrano sempre più modesti.

Facciamo un passo indietro ed andiamo a analizzare la storia della ricerca aurifera nel Fiume Azzurro.

 Le testimonianze più antiche fanno risalire le prime prove della ricerca di oro alle ciclopiche opere della zona delle aurifodinae del campo dei Fiori e della minore nella piana della Maddalena di Somma Lombardo.

Queste antiche testimonianze vengono attribuite alle stesse popolazioni che le realizzarono nella zona della Bessa intorno a Vermogno-Mongrando.

 Con buona pace di tutti potremmo attribuirle alle popolazioni celtiche che prima della colonizzazione Romana abitavano il territorio dell’alto Ticino allo sbocco del Lago Maggiore.

 Ad onor di cronaca mancano davvero studi approfonditi e datazioni certe su queste opere e ci rifacciamo quindi ai testi del Dott. Pipino a proposito della Aurifodinae dell’area del Fiume Ticino.

Testimonianza della cospiqua produzione aurifera del territorio lo sono anche monete coniate in quel di Castelnovate.

Celti golasecchiani, poi Romani, successivamente notevoli coltivazioni in tutto il medioevo, a tempi alterni la zona “D’oro” del Ticino, l’ansa di Castelnovate, è stata più e più volte rimaneggiata, financo con chiatte munite di cucchiaie e draghe appunto per il lavaggio delle sabbie ed il recupero di oro e elementi pesanti ivi compresenti.

Nel periodo bellico ed il successivo rilancio dell’economia italiana, intere famiglie tenevano viva la tradizione con i prelievi stagionali sulle “punte” che si andavano arricchendo grazie alle frequenti piene del Fiume Ticino.

Ma prima o poi questo oro dovrà finire?

Ecco che, a mio parere, di oro del basso letto del Fiume Ticino ve ne è conservato davvero ancora molto!

Il “tesoro” del fiume Azzurro è gelosamente custodito negli strati più antichi che costituiscono il letto e gli argini del fiume stesso. Ne abbiamo prova dalla presenza di interessanti lenti arricchite di oro che vengono identificate nelle cave di sabbia e ghiaia del territorio (e di tutta la pianura lombardo piemontese).

Questo tesoro è nascosto e disperso nei depositi fluvioglaciali più antichi e nelle occasioni in cui il fiume nei suoi moti va ad incidere questi orizzonti, ne porta a valle le componenti più “leggere” andando a costituire nuove punte di magra ricche dell’ambito “giallo”!

Questi processi avvengono più frequentemente con le piene di natura eccezionale, quando la portata del fiume raggiunge i livelli parossistici in grado di strappare intere porzioni di sponda ecco che si formano le “punte” più ricche e fruttuose per il cercatore d’oro.

Le “piene” modeste danno comunque il loro contributo a intaccare e minare la stabilità degli orizzonti più antichi e poco rimaneggiati da parte del fiume. Asportano le componenti più leggere e il materiale pesante rimane in fondo alle buche più profonde scavate dal fiume entro i sedimenti fossili.

Quando poi arriva la “piena” più importante il fiume e la corrente riesce a portare in superficie quel che negli anni si è accumulato nei fondali più profondi, ed ecco che il cercatore che per primo giunge subito a valle di dove questo processo è giunto a compimento fa la sua “giornata fortunata”!

Quando questi fenomeni avvengono nella parte alta del Fiume Ticino, può capitare che nelle pagliuzze di oro che si trovano a valle di una zona di erosione e deposito di un orizzonte fluvioglaciale antico, mostrino alcuni aspetti davvero peculiari e, per molti appassionati, interessanti. Si possono trovare infatti piccole pepitine e granuletti ancora con le caratteristiche di cristallinità o associazione al quarzo ancora ben evidenti e osservabili.
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Questi frammentini di oro li possiamo classificare come “eluviali” sul piano morfologico, ovvero mostrano ancora l’aspetto  e le associazioni mineralogiche tipiche del giacimento primario, pur essendo  molto distanti dal loro deposito originario e quindi di fatto alluvionali.

Le “classiche” morfologie delle scagliette e pagliuzze alluvionali sono ben note e chiare a tutti i cercatori d’oro, laminette sottilissime, dai bordi e contorni arrotondati e dalla superficie quasi martellata, queste forme derivano proprio dall’azione di ripetuta e continua azione delle pietre e della sabbia nei confronti delle pagliuzze di oro all’interno del sedimento durante il trasporto, ma anche una bella e costante pressione nel momento della deposizione e accumulo. Ecco che il cristallo originario di forma ottaedrica o cubica più o meno allungata e deformato magari dall’ambiente di cristallizzazione, viene schiacciato e pressato, il quarzo con cui si accompagna il nostro oro, viene sbriciolato e se ne va con la sabbia e nel giro di relativamente poco trasporto l’originaria morfologia si perde quasi completamente. Troviamo pagliuzze piegate e ripiegate, forate al loro centro, piuttosto che arrotolate. Per i conoscitori, possiamo dire che in medio-basso fiume Ticino è quasi impossibile trovare granuli di oro che anche solo vagamente ricordino la forma originaria.

Al contrario nel nostro “alto Ticino” l’oro che si trova ha un maggiore spessore, quasi sempre piatto ma poche centinaia di pagliuzze possono fare un grammo di massa… nell’area del magentino occorrono diverse centinaia di migliaia di pagliuzze per fare un grammo di peso… questo a causa proprio dell’azione del fiume e del suo continuo sminuzzamento delle pagliuzze, oltre che di pietre e rocce.

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Possiamo concludere che i depositi fluvioglaciali antichi del Fiume Ticino custodiscono ancora molto oro disperso al loro interno e che quando la forza del fiume li smuove e li rideposita nelle punte di magra per il cercatore d’oro è “festa”, non magari in assoluto per i quantitativi ma per la qualità dell’oro, la pezzatura maggiore che si può incontrare nella parte alta del Ticino da certamente più soddisfazione della sottile polvere che si incontra scendendo verso valle.

Al momento questi punti sono diventati rari da incontrare, da diversi anni la sorveglianza meteorologica e le accurate previsioni del tempo stanno davvero limitando sempre più l’impatto delle piene in questa parte di Ticino, ma con un pochino di pazienza qualche punto ancora poco sfruttato lo si incontra ancora.

 E’ di pochi giorni fa, primi giorni di maggio 2020, una mia riscoperta di un sito, considerato da tempo sostanzialmente esaurito o comunque poco interessante. Da tempo in questa particolare zona della grande ansa di Castelnovate, si nota una profonda ed intensa erosione di una bellissima successione di strati di sedimento alluvionale e fluvioglaciale particolarmente antico, testimoniato dalla profonda ferrettizzazione degli stessi.

 In passato questa zona aveva dato interessanti ritrovamenti ma l’intenso sfruttamento ne aveva esaurito l’accumulo. Le ultime piccole piene però hanno un pochino sparigliato le carte, isolando l’accesso normale a questi punti e di fatto accumulando un piccolo ma saporito deposito di grosse pietre e ciottoli. In mezzo a questo ciottolame del sedimento misto e non classificato, relativamente poco granato, di fatto a prima vista non pareva particolarmente ricco.

 Alla fine però del piatto di assaggio la bella sorpresa: frammenti di magnetite davvero molto grossi, pochi granati, appunto pezzi e cristalli ottaedrici di magnetite fino a un centimetro e belle scagliette di oro. 

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Piatto ricco mi ci ficco! Dopo un paio di pomeriggi di intenso e molto difficoltoso scavo i risultati cominciano ad essere soddisfacenti e le scagliette accumulate sono davvero belle.

La difficoltà dello scavare in acqua, aspirare il sedimento con una pompa manuale, trattenere le attrezzature che venivano trascinate dalla forza dell’acqua, lavare il raccolto con una canaletta tradizionale, con troppa corrente e quindi due secchi e subito lavare e raccogliere il concentrato.

A fine giornata il cielo nero ed il temporale che avanza, per fortuna che alla “Miorina” non hanno ancora aperto le chiuse, riattraverso con difficoltà il braccio di fiume che mi separa dalla riva sicura e finalmente pulisco il raccolto.

Bella giornata! Da tempo non trovavo così bell’oro e una pepitella, diversi granuletti che rotolano sul fondo del piatto, il report della bilancia è davvero relativo quando l’oro che si trova è così bello.

Il fiume lo ha strappato all’antico sedimento che il ghiacciaio e le fiumare conseguenti allo scioglimento dello stesso avevano li depositato una decina di migliaia di anni fa e depositato in questo piccolissimo fazzoletto di fondale leggermente rialzato del fiume dove ho avuto la fortuna ed il privilegio di “provare” a cercare.

Al microscopio la meraviglia dell’associazione tra oro e quarzo, la parziale opacità di un oro che da molto tempo stava in attesa di vedere la luce e la mia gioia di averne potuto godere di questa emozione.

La mia gratitudine sempre a questo bellissimo fiume che è il Ticino, ai miei compagni di avventura in occasione della prima discesa in quel punto, e orgogliosamente a questa passione che mi porta a contatto con la bellissima natura che ci circonda e che riesce a lasciarmi il ricordo di quei momenti in una semplice piccola pepitina di oro.

G.B. 2022

 

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