Oro della Vevera

Nel pomeriggio del 29 agosto 2022 ho deciso di approfittare dei livelli eccezionalmente bassi eccezionalmente bassi a causa del lungo periodo siccitoso per fare, o meglio rifare, una ricerca in un piccolo torrente del Novarese.

Questo torrente nasce dalle pendici del Mottarone nel Comune di Invorio e dopo un tratto percorso seguendo la valle dell’alto Vergante ha una variazione direzionale molto importante in prossimità del piccolo borgo di Oleggio Castello e Paruzzaro; qui la vallecola principale incontra un rilievo originato dalla morena terminale della valle dell’Alto Vergante, appunto. I ghiacciai che riempivano la valle del Lago Maggiore avevano sicuramente delle ramificazioni che scorrevano ai piedi del Mottarone giungendo ad accumulare i loro depositi terminali tra Paruzzaro e Oleggio Castello, formando grandi torbiere e un piccolo lago dal grande interesse archeologico: i Lagoni di Mercurago.

Il torrente di cui vi sto parlando, una volta giunto in prossimità di Oleggio Castello fa una variazione di percorso e lambisce interamente tutta la collina sommitale del borgo; si può verificare che tale collina è una perfetta e completa morena glaciale. Una volta lambita la morena, il torrente incontra il contatto tra le vulcaniti permiane e le dolomie del triassico: queste ultime vengono profondamente incise, fino allo sbocco in direzione del Lago Maggiore poco a valle della città di Arona.

In quest’area si è concentrato il mio interesse: il sedimento scorre sul bedrock, quindi ha un fondo roccioso dove le componenti pesanti possono rimanere intrappolate ed essere quindi recuperate con relativa facilità.

Il tratto di Vevera che ho percorso è tutto su queste rocce sedimentarie con stratificazioni poco marcate, ma la presenza del corso d’acqua ha sviluppato una intensa dissoluzione delle stesse provocando del carsismo, forse più evidente di quanto non sia noto.

Raggiungendo il luogo studiato dalle immagini satellitari mi sono trovato a ridosso di una importante area industriale del passato. Un tempo la forza dell’acqua della Vevera veniva utilizzata per il funzionamento di macchinari e impianti industriali, che oggi si mostrano come ruderi degni la famosa serie di documentari tv intitolata “la Terra dopo l’uomo”. vevera 1png

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Trovato un punto che mi ispirava, cominciavo a scavare il materiale più prossimo al letto di roccia; i blocchi di calcare del fondale roccioso erano fratturati e con i bordi corrosi, si staccavano dal fondo anche con relativa facilità. Il sedimento raccolto tra questi blocchi di dissoluzione appariva fangoso e alla fine ricco di residui antropici (piombo e ferro ossidato), molto granato, relativamente poca magnetite e poche e piccolissime pagliuzze di oro. Molto rare, ho dovuto davvero prestare molta attenzione per non perderle ma una volta poste nella fialetta erano davvero oro! Avevo confermato la presenza di oro nella Vevera!
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Questo torrente lo avevo visitato qualche anno fa ma all’epoca non osai mettere le mani in quelle acque nauseabonde e sporche: In questa nuova esplorazione ho invece trovato acqua limpida, pulita, ricca di pesci e dal buon odore naturale. La valle è selvaggia e con grandi alberi schiantati al suolo; uno scoiattolo rosso mi ha fatto un cenno da dietro a un nocciolo e le tracce degli ungulati sono parecchio diffuse… oggettivamente a due passi dalla movida della Città di Arona puoi trovare una natura ancora viva e quasi selvaggia. Un poco di spazzatura la si vede ancora nei canaloni che dalla antica zona industriale scendono al torrente, ma questa è una caratteristica, purtroppo, comune a molti torrenti italiani. vevera 4png

L’oro è piccolo ma tridimensionale e non liscio, indizio del relativamente breve trasporto fluviale e sicuramente deriva dallo smantellamento delle colline moreniche della zona tra Oleggio Castello e Arona.
In fondo a quelle cavità carsiche mi aspettavo di trovare qualcosa di più importante, solo che al fondo non ci sono ancora arrivato… nello scavo che ho fatto, giungendo a prelevare materiale fino a circa 40 centimetri dal livello originario del fondo fluviale, il palanchino da ricerca che ho spinto verso il fondo è sprofondato per oltre un metro e venti: indizio che in questo punto l’azione delle acque ha scavato una profonda cavità! Un giorno magari ci tornerò per arrivare fino là sotto  anche se credo che difficilmente un frammentino di materiale pesante si sia cacciato così in profondità. vevera 5png

Per diverse ragioni non credo ci siano possibilità di ritrovamenti più importanti, ma sarei ben lieto di essere smentito da qualche amico che leggendo questo mio possa trovarne fonte di ispirazione!

L’oro della Vevera lo avevamo già identificato qualche anno fa nella zona alta in zona Oleggio Castello anche con l’amico Massimo Ciany, ma non ci eravamo spinti in questa zona tra le rocce dove la ricerca è un pochino più divertente rispetto ad un alveo classico. Insomma, sembra di essere in un torrente alpino a due passi da casa!
Bogni Dott. Giorgio OIN 2022
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